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Altruismo

L’altruismo, dai Sufi chiamato Inkisar, non solo abbellisce la propria personalità, conferendo grazia al proprio parlare e al proprio comportamento, ma conferisce anche dignità e potere insieme allo spirito di indipendenza, che è il vero segno del saggio. È l’altruismo che spesso produce umiltà nel proprio spirito, eliminando l’intossicazione che annebbia l’anima. L’indipendenza e l’indifferenza, che sono come due ali che consentono all’anima di volare, nascono dallo spirito dell’altruismo. Nel momento in cui lo spirito di altruismo ha incominciato a risplendere nel cuore di un uomo, costui mostra nella sua parola e nella sua azione una nobiltà che nessun potere o ricchezza terreni possono dare. 

Ci sono molte idee che inebriano un uomo, molti sentimenti che agiscono sull’anima come un vino, ma non c'è vino più forte del vino dell’altruismo. È un potere e una fierezza che nessun rango terreno può conferire. Diventare qualcosa è una limitazione, qualunque cosa possa essere; anche se una persona dovesse essere chiamata il re del mondo, non sarebbe comunque l’imperatore dell’universo. 

Il padrone della terra è comunque lo schiavo del cielo. L’uomo altruista è nessuno e tuttavia è tutto. 

Il Sufi quindi, prende il sentiero di essere nulla invece che essere qualcosa. È questo sentimento di nullità che trasforma il cuore umano in una coppa vuota in cui viene versato il vino dell’immortalità. È questo stato di beatitudine che ogni autentica anima che sta cercando la verità desidera ardentemente raggiungere. 

Una persona tende a pensare: “Perché dovrei compiere azioni che non mi portano alcun guadagno? Perché dovrei essere gentile, laddove non mi viene mostrata alcuna gentilezza, laddove non c’è neppure apprezzamento?”. In questo modo commercializza la sua gentilezza: dà per ricevere. Questa cecità colpisce l’uomo, e lo rende cieco anche verso Dio. Pensa: “Perché dovrei essere grato a Dio? Non c'è nulla per cui esser grati. Se il sole splende, è naturale. Se ho quello di cui ho bisogno per vivere, lavoro per averlo tutto il giorno”; o anche: “Appartengo a una famiglia in cui è naturale che ogni cosa mi debba essere data”. L’uomo non vede quanto debole sia in se stesso. Se non ci fosse il terreno, non potrebbe stare in piedi. Se non ci fosse l’aria, non potrebbe respirare. Se non ci fossero i genitori, non avrebbe potuto crescere. Tutte le cose che lo tengono in vita sono cose da cui la sua esistenza dipende, a cui è dovuta una quantità illimitata di ringraziamenti. Ma lui pensa: “Se compio un’azione gentile, Dio dovrebbe fare per me mille gentilezze. Se faccio qualcosa per gli altri, Dio dovrebbe fare mille volte tanto per me”. Allora desidera dare solo quando c'è un tornaconto. Dice una parola gentile perché gli vengano dette parole gentili; questa è adulazione. Dice: “Mi piaci perché ti piaccio. Sono tuo amico perché tu puoi aiutarmi. Sono tuo nemico perché mi hai fatto del male”.

Il Sufi dice: “Ishk Allah, Ma’bud Lillah”, “Dio è l’amore e l’Amato”. Questa parola amore l’abbiamo molto alterata, molto degradata nella nostra vita ordinaria. Diciamo: “Ti amo, perché tu mi ami. Sono tuo amico, tuo ammiratore, perché tu sei mio amico e mio ammiratore”. Questa amicizia dura poco tempo e poi non c'è più. È come se dicessimo: “Mi piace questo fiore perché è bello”, e quando la sua bellezza è sfiorita, viene gettato via. 

Domanda: Qual è il miglior modo di imparare a non cercare apprezzamento e reciprocità?

Risposta : Sviluppare indipendenza nella propria natura. Quando si ama si deve amare per amore non per un ritorno. Quando si serve si deve servire per amore del servizio non per un riconoscimento. In tutte le cose che una persona fa, se non pensa alla reciprocità o a un apprezzamento in qualsiasi maniera o forma, potrebbe forse all'inizio sembrare perdente, ma alla fine sarà quella che guadagna, perché ha vissuto nel mondo e tuttavia si è mantenuta al di sopra del mondo; il mondo non può toccarla.

Inoltre la tendenza al dubbio, ad essere depressi, la tendenza alla paura, al sospetto e alla confusione, la tendenza a disorientarsi, da dove vengono? Vengono tutte dal pensiero di avere qualcosa in cambio: “Un altro mi restituirà quello che gli ho dato? Otterrò in cambio la giusta porzione, o meno?” 

Se questo è il pensiero dietro le proprie azioni, ci sarà paura, dubbio, sospetto, confusione e disorientamento. Perché cos’è il dubbio? Il dubbio è una nube che sta davanti al sole, impedendo alla sua luce di splendere. Così è il dubbio: radunandosi attorno all’anima impedisce alla luce di splendere, e l’uomo diventa confuso e perplesso. 

Quando si sviluppa l’altruismo, esso fa breccia tra le nubi dicendo: “ Che mi importa se qualcuno lo apprezza; solo io so di offrire il mio servizio, e questa è la mia sola soddisfazione. Non mi aspetto di riceverlo in cambio. L’ho offerto e basta; qui è dove il mio dovere finisce”. Questa persona è benedetta, perché ha sconfitto, ha vinto il dubbio. Inoltre è una mancanza di conoscenza della giustizia divina quando l’uomo dubita di ricevere la sua giusta parte, o che l’altro riceverà più di lei. Se alzasse lo sguardo e vedesse il Giudice perfetto, Dio, la cui giustizia è così grande che alla fine le porzioni vengono rese eque e uguali, sarebbe solo una questione che riguarda l’inizio non la fine, se solo vedesse la giustizia di Dio, diventerebbe coraggioso, avrebbe fiducia e non si preoccuperebbe del risarcimento. Dio è responsabile di risarcire mille volte tanto quello che l’uomo ha dato.