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Carattere e destino (prima parte)

Quando una persona sente che viene esercitata un’influenza sul destino dal carattere, immediatamente si chiede fino a che punto questo può essere vero per quanto riguarda coloro che sono benestanti e in situazioni favorevoli. Non osa pensare che il livello del loro rango e della loro ricchezza possa essere stato raggiunto grazie a un buon carattere e ai suoi effetti.

Questo è il primo ostacolo che l’uomo incontra. Quando incomincia a idealizzare o ammirare un carattere, ha il suo beneficio pratico davanti agli occhi. E quando si chiede: “Otterrò qualcosa da un punto di vista pratico?”, la beatitudine celeste non viene considerata. La prima cosa a cui pensa è il suo destino: “Se solo potessi avere fortuna!”. Se ottiene tutto ciò che vuole avendo un buon carattere, è subito disturbato dalla delusione di scoprire che i fatti reali non concordano. Se è nel mondo degli affari, ad esempio, sicuramente è la diligenza costante che porta successo, e non il carattere personale.

Se riteniamo che la buona fortuna consista nel raggiungimento di un potere mondano, o della ricchezza, o di una posizione sociale, questa sarebbe la fortuna più povera. Per quanto elevata una persona sia nel rango, per quanto grande sia la ricchezza che possiede, e qualunque posizione occupi nella vita, queste cose non hanno nulla a che fare con la sua felicità e la soddisfazione della sua mente. È il destino che ha a che fare con la felicità e la soddisfazione.

Anche se una persona vive in un palazzo, il suo cuore potrebbe ancora essere nel tormento da mattina a sera. Questo godimento è un buon destino? Ha migliaia di difficoltà; i suoi stessi desideri sono i suoi nemici. Questa è buona fortuna? La felicità può esistere in una casetta di campagna. Tuttavia chi soffre per la mancanza di denaro dice: “Che fortuna ha un uomo ricco!” Ma il ricco dice a se stesso: “Tutto ciò che vogliono è avere quello che possono da me. Stanno aspettando che io chiuda gli occhi per poter ereditare quello che possiedo. Molte menti lavorano costantemente contro di me”. E la salute è buona fortuna? L’uomo sano è anche il possessore di una mente tranquilla? Il suo cuore è appagato?

Ma se la buona fortuna non è costituita da queste cose, allora queste cose sono desiderabili? Sicuramente sono desiderabili; ma possiamo dire che sono la sola buona fortuna che possiamo raggiungere? Possiamo dire che sono le sole cose che possono soddisfare il nostro bisogno nella vita? È solo quando ci mancano ricchezza e salute che diciamo che la buona fortuna si trova in esse. Tuttavia quando le otteniamo scopriamo che non siamo ancora soddisfatti. Quindi deve esserci qualcos’altro che costituisce la buona fortuna. Non è essere molto religiosi o pii. Consiste nella realizzazione di quello che vogliamo, di quello che desideriamo, e di quello che scegliamo di avere. Cosa desideriamo? Tutte le cose che ci sembrano migliori in base alla nostra evoluzione; pensiamo di desiderare e di voler avere queste cose e riteniamo che siano una buona fortuna. Ma quando si tratta di dar via queste cose, non siamo disposti a farlo. Tutto il segreto della vita sta lì. Se soltanto potessimo comprendere il fatto che siamo noi che dobbiamo dare agli altri quello che ci aspettiamo che loro diano a noi. A noi piace essere in compagnia di una persona buona o calma, e il nostro desiderio è avere a che fare con una persona simile; nel nostro lavoro, negli affari pensiamo sempre: “Se potessi avere a che fare con una persona corretta, onesta e affidabile!”. Ma quando noi siamo messi alla prova, quando si tratta di essere corretti noi stessi, falliamo miseramente. Quando gli altri si aspettano che li trattiamo bene, onestamente e gentilmente, che siamo stabili e affidabili, dimentichiamo che siamo noi a dover mostrare queste caratteristiche. Pensiamo così tanto ai nostri desideri che dimentichiamo quello che dovremmo fare noi per gli altri.

Il veggente, quindi, insegna che tutte le cose che desideriamo e che riteniamo belle, dovremmo produrle dentro noi stessi invece di aspettarcele dagli altri. Che compito è questo! Che grande autosufficienza ci sarebbe se ogni paese producesse sempre da sé quello che cerca dagli altri; che vita indipendente sarebbe produrre dentro noi stessi quello che ci aspettiamo di ottenere dagli altri! Invece di dipendere da loro per qualcosa potremmo darlo noi stessi, sperimenteremmo la gioia di dare, la gioia di essere gentili con gli altri.

Che gioia e che libertà scopriremmo nell’essere gentili con un altro. Per quanto naturale possa essere avere qualcuno che ci ama e ci ammira, non siamo dipendenti? La moglie è dipendente dall’amore del marito; l’amico è dipendente dall’amore dell’amico. Mentre nell’altro caso saremmo liberi e indipendenti; perché la nostra gioia sarebbe nell’amore stesso, e non nella persona. Dovremmo godere la vita facendo gentilezze agli altri. Ricevere gentilezza dagli altri induce soltanto chi riceve ad aspettarsi di più. Continua a dire: “Lo sta facendo a suo vantaggio; non pensa a me; mi incolpa; non mi ha aiutato; non si è comportato correttamente con me”. La sua vita diventa piena di rancore perché si aspetta da tutti tutto il bene che vuole, e non sa che dovrebbe averlo tutto in sé stesso; che dovrebbe diventare indipendente. Qui si trova il segreto del carattere.