SITO IN AGGIORNAMENTO

SITO IN AGGIORNAMENTO - Non tutte le sezioni sono disponibili per aggiornamento - nuovo sito web presto on line

I quattro sentieri che conducono a Dio ( seconda parte)

Il terzo sentiero è il sentiero della disciplina, ed è in questo sentiero che concentrazione, meditazione, contemplazione e tutte le diverse forme di disciplina sono necessarie, per portare a quella realizzazione che è la meta ultima.

Il sentiero della meditazione consente all’uomo di sperimentare diversi piani della vita, non sempre ordinati classificati come fa la gente quando parla di questo o quel piano, di questo o quel grado. La vera esperienza della vita interiore non può essere del tutto classificata. Ad esempio, se si chiede a una persona meditativa: “Ci sono sette piani dell’esistenza?”, lei risponderà: “Sì, è così”. Ma quando un’altra persona dice: “Ho letto in un libro di filosofia greca che ci sono nove piani di esistenza, può essere vero?”, risponderà: “Certamente”. Poi un’altra persona arriva e dice: “Penso che ci siano solo tre piani”, e sarà di nuovo d’accordo. Non lo dice per compiacere, è in grado di vedere questi piani come cinque, sette, nove, e in molte forme come piace a lei, perché realmente li vede così. Andate da un principiante nella musica e chiedetegli quante note ci sono. Vi risponderà, sette; e forse vi menzionerà anche i semitoni. Ma se chiedete a un musicista esperto che ha dedicato tutta la sua vita alla musica ed è arrivato a comprendere l’essenza del suono: “Non è vero, come dicono i Cinesi, che in un’ottava ci sono venti note?”, vi risponderà: “ Sì, può essere vero, ma quando gli Indiani dicono che ci sono ventiquattro note in un’ottava, anche questo è vero; dipende da come guardi la cosa”.

Tutto ciò che l’uomo apprende intellettualmente sulla metafisica lo fa rimanere limitato a una cultura libresca. Non ne trae altro beneficio che un interesse passeggero; per lui è una sorpresa sapere che ci sono così tanti piani diversi del nostro essere. Non va oltre, e se vuole vederli e sapere cosa sono, non riesce a farlo. Ma con la meditazione può realizzarli, e con questa realizzazione può dare un’interpretazione di una filosofia, Buddista, della Grecia antica, o della filosofia Vedanta, di qualsiasi filosofia gli proponiate, perché sa quello di cui ha fatto esperienza tramite la meditazione.

Senza dubbio la via dell’auto-disciplina è una via molto ardua. È la via della padronanza di sé, del potere; ma è un sentiero arduo e difficile. Esercitare la disciplina sedendo in una certa posizione o postura è molto difficile, perché è difficile continuare a mantenerla per molto tempo. Se si fa un voto di astenersi dal mangiare frutta, dolci, o cose acide, o un voto di silenzio, di digiuno, o di rimanere in piedi per molte ore, di camminare, o di restare alzati per una parte della notte, non è sempre facile rispettarlo. L’autodisciplina si impara andando contro le proprie inclinazioni. Perché dovremmo contrastarle? Le inclinazioni non sono naturali? Non si può dire cosa sia una propria inclinazione; tutte le inclinazioni sono state prese in prestito qui, e ciò che chiamiamo naturale è quello a cui siamo abituati. La parola ‘naturale’ è una parola che si può studiare per anni e anni, e alla fine dello studio si scoprirà che una cosa che sia naturale non esiste. Ci sono inclinazioni naturali al piacere e al benessere che si scontrano con inclinazioni ancora più grandi e profonde che abbiamo ad avere più potere e forza, più luce e più vita. Perciò le inclinazioni possono essere suddivise in due aspetti: le inclinazioni più profonde, e le inclinazioni che si sentono nella vita di ogni giorno. Tra loro c’è sempre un conflitto; e le inclinazioni più profonde a volte sono scardinate dalle inclinazioni esteriori. Imparando l’autodisciplina si impara a tenere a freno le inclinazioni esteriori per aprire la strada alle inclinazioni interiori a elevarsi e a fiorire, che alla fine culmina in ciò che chiamiamo padronanza.

Il quarto sentiero di perfezione potrebbe essere chiamato il sentiero della devozione, un sentiero che per valore e profondità non può essere paragonato a nessun altro sentiero. La ragione è che la devozione riguarda lo Spirito di Dio. Non tutti sono in grado di usare questo metodo, perché in alcune persone il cuore è chiuso dalle qualità mentali, dall’intelletto, ma in altre la qualità del cuore è la più importante. Il primo passo sul sentiero della devozione insegna l’altruismo; rende altruisti. La devozione è l’accordatura del cuore alla sua tonalità naturale; in altre parole, la condizione più sana possibile in un uomo è quella in cui la devozione è sbocciata. È la devozione soltanto che seppellisce il falso sé dell’uomo, sia la devozione per un essere umano che per Dio. Se mai si potesse vedere la verità sarebbe nella devozione; perché il mondo del cuore è un mondo diverso dal mondo in cui tutti noi viviamo; la sua legge è diversa, il clima lì è diverso, il suo cielo è diverso, il suo sole e la sua luna sono diversi. La natura di quel mondo è diversa; è un mondo a sé. Con la devozione, il cielo viene portato sulla terra. E tuttavia quante volte una persona dice: “Ma non è una semplice devozione?”. È nella semplicità che si può trovare la più grande sottigliezza; perché è il cuore del devoto che è liquido rispetto al cuore che è diventato cristallizzato. È risvegliato alla comprensione, è pronto ad apprezzare tutta la bellezza.

Le donne sono molto più attirate verso la devozione degli uomini, perché in genere la natura delle donne è quella di essere più rispettose verso gli esseri umani. Questo è naturale, perché se non fosse per l’amore della madre il mondo non andrebbe avanti. Questo è il principio della devozione; è nella qualità della devozione che esiste nelle donne che si trova il segreto dell’intera creazione.

Krishna ha detto: “Io sono con i miei devoti”. E quindi se si dice: “Dov’è Dio? È nel sesto cielo o nel settimo, o in un certo paradiso o in un palazzo in cui la gente immagina che sia?”, la risposta è che il paradiso, il palazzo, o la dimora di Dio è nel cuore del Suo devoto. Certamente non è facile per l’uomo elevarsi alla devozione per Dio. È a tal riguardo che i Sufi in tutte le epoche hanno praticato la devozione gradualmente, partendo dalla loro affinità con il loro maestro, dalla devozione per il loro Signore, e dal culmine di questa devozione in Dio. È la devozione che eleva l’oggetto della sua devozione, o il suo ideale, al cielo più alto. È tramite la devozione che le pietre si sono trasformate in divinità. Qualcuno chiese a un Indù: “Venerando un Dio fatto di pietra, cosa guadagni? Non crederai davvero di aver creato un Dio?”. “Si”, disse l’Indù, “le mie mani hanno creato questo Dio di pietra, e la mia devozione Gli ha dato vita. Se credi in un Dio senza forma e non hai devozione, non Lo hai ancora raggiunto. È molto lontano da te. Il mio Dio è davanti a me; il tuo Dio è lontano da te”.

Come dice la Bibbia: “Dio è amore”. Se si può trovare Dio in qualche luogo, si può trovare nel cuore dell’uomo. E quando Lo si trova? Quando il cuore è risvegliato alla compassione, all’amore, alla devozione.