SITO IN AGGIORNAMENTO

SITO IN AGGIORNAMENTO - Non tutte le sezioni sono disponibili per aggiornamento - nuovo sito web presto on line

L’Ego (da ‘Linguaggio cosmico’)

Quando pensiamo al senso, alla sensazione, o all’inclinazione che ci spinge ad affermare la parola “io”, ci rendiamo conto che è difficile indicare cos’è questo ‘io’, qual’è la sua natura. Perché è qualcosa che è oltre la comprensione umana. Questo è il motivo per cui una persona che desidera spiegare, anche a se stessa cosa sia, indica quello si trova più vicino a lei dichiarando: “Questo è ciò che ho chiamato io”. Quindi ogni anima che si è, per così dire, identificata con qualcosa, si è identificata con il corpo, il suo corpo, perché questa è la cosa che si percepisce e si realizza immediatamente vicino a sé, e che è intellegibile come il proprio essere.

Perciò quello che una persona conosce di sé come prima cosa è il suo corpo. Definisce se stessa il suo corpo, identifica se stessa con il suo corpo. Ad esempio se si chiede a un bambino: “Dov’è il ragazzo”, indicherà il suo corpo. Questo è ciò che può vedere o può immaginare di sé.

Questo forma una concezione nell’anima. L’anima la concepisce profondamente, così che dopo aver formato questa concezione tutti gli altri oggetti, persone o esseri, colori o linee, vengono chiamati con nomi diversi, e l’anima non li concepisce come se stessa, perché ha già una concezione di sé: questo corpo che prima ha conosciuto o immaginato che fosse lei stessa. Tutto il resto che vede, lo vede attraverso il suo strumento che è il corpo, e lo chiama qualcosa di vicino a sé, qualcosa di separato e differente.

In questo modo si è prodotta una dualità nella natura. Da questa dualità proviene ‘io e tu’. Ma dato che l’io è la prima concezione dell’anima, si interessa totalmente di questo; di tutto il resto si interessa solo in parte. Tutte le altre cose che esistono, oltre a questo corpo che ha riconosciuto come il suo essere, sono considerate in base alla loro relazione con questo corpo. Questa relazione viene instaurata chiamandole ‘mie’, che è tra ‘io’ e ‘tu’: “Tu sei mio fratello”, o “mia sorella” o “il mio amico”. Questo crea una relazione, e in base a questa relazione l’altro oggetto o persona sta più vicino o più lontano dall’anima. 

Tutte le altre esperienze che l’anima ha nel mondo fisico e nelle sfere mentali diventano una sorta di mondo intorno a lei. L’anima vive in mezzo a questo mondo, tuttavia l’anima non sente mai neppure per un momento con niente che qualcosa è ‘io’. Questo ‘io’ lo ha riservato, e imprigionato in una cosa sola: il corpo. Di tutto il resto l’anima pensa che sia qualcos’altro, qualcosa di diverso: “È vicino a me, mi è caro, mi è intimo perché è collegato a me. È mio, ma non è me”.

L’io sta come un’entità separata, che conserva, attrae, raccoglie tutto ciò che una persona ha ottenuto e che costituisce il suo mondo.

Quando si diventa più riflessivi nella vita, allora questa concezione di ‘io’ diventa più ricca. Diventa più ricca in questo modo, che si vede: “Non solo il mio corpo, ma anche il pensiero penso che sia il ‘mio’ pensiero; l’immaginazione è la ‘mia’ immaginazione; anche i miei sentimenti sono una parte del mio essere. Quindi non sono soltanto il mio corpo, ma sono anche la mia mente”. In questo nuovo passo che l’anima compie sul sentiero della realizzazione incomincia a sentire: “Non sono soltanto un corpo fisico, ma anche una mente”. Questa realizzazione nella sua pienezza porta a dichiarare: “Sono uno spirito”, che significa: corpo, mente e sensibilità, con cui mi identifico, e sono loro ad essere l’ego. 

Quando l’anima va avanti sul sentiero della conoscenza incomincia ad accorgersi: “Si, c’è qualcosa che sente se stesso, che sente l’inclinazione a chiamare se stesso ‘io’. C’è un senso di ‘egoicità’, ma nello stesso tempo tutto ciò con cui l’anima si identifica non è lei stessa. Il giorno in cui questa idea si presenta nel cuore dell’uomo egli ha incominciato il suo viaggio sul sentiero della verità. Allora l’analisi incomincia, e incomincia a scoprire. “Se questo è il ‘mio’ tavolo e questa la ‘mia’ sedia, tutto ciò che posso chiamare mio mi appartiene, ma non è realmente me”. Poi incomincia a vedere: “Identifico me stesso con questo corpo, ma questo è il ‘mio’ corpo, proprio come io dico il ‘mio’ tavolo o la ‘mia’ sedia. Perciò l’essere che dice ‘io’ in realtà è separato. È qualcosa che ha preso questo corpo per usarlo; questo corpo è soltanto uno strumento”. 

E pensa: “Se non è questo corpo che posso chiamare “io”, allora cos’altro c’è che posso chiamare così? È con la mia immaginazione che dovrei identificare me stesso?”. Ma anche questo lo chiama ‘mia’ immaginazione, ‘mio’ pensiero, ‘mio’ sentimento. Perciò anche pensiero, immaginazione e sentimento non sono il vero ‘io’. Quello che afferma ‘io’ rimane lo stesso anche dopo aver scoperto la falsa identità. 

Nel decimo pensiero Sufi leggiamo che la perfezione si raggiunge con l’annichilazione del falso ego. Il falso ego è quello che non appartiene al vero ego, e quello che l’ego ha erroneamente concepito che sia il suo essere. Quando questo ego viene distinto analizzando meglio la vita, allora il falso ego è annichilito. Una persona non ha bisogno di morire per farlo. Per annichilire questo corpo, per annichilire la mente, una persona deve analizzare se stessa e vedere: “Dov’è l’Io? È un essere remoto ed esclusivo? Se è un essere remoto ed esclusivo allora deve essere trovato!”. 

L’intero processo spirituale è trovare questo essere.

Quando si comprende questo, il compito del sentiero spirituale è realizzato. Come per far sì che gli occhi vedano se stessi si deve creare uno specchio per vedere il riflesso di questi occhi, così per rendere manifesto questo essere reale, questo corpo e questa mente sono stati creati come uno specchio: affinché in questo specchio questo essere reale possa vedere se stesso ed essere consapevole del suo essere indipendente. Quello che dobbiamo raggiungere tramite il sentiero dell’iniziazione, con la via della meditazione, con la conoscenza spirituale è realizzare questo facendo di noi stessi uno specchio perfetto.

Per spiegare questo concetto i fachiri e i dervisci hanno raccontato una storia. Un leone che vagava nel deserto trovò un cucciolo di leone che giocava con le pecore. Era avvenuto che il leoncino era cresciuto con le pecore e perciò non aveva mai avuto l’occasione o l’opportunità di rendersi conto di quello che era. Il leone era molto sorpreso di vedere un giovane leone scappare via con la stessa paura del leone che avevano le pecore. Balzò in mezzo al gregge di pecore e ruggì: “Alt, alt!” ma le pecore corsero via e anche il leone si mise a correre. Seguì solo il cucciolo, non le pecore, e disse: “Aspetta, voglio parlarti”. Il cucciolo rispose: “Tremo, ho paura, non riesco a stare davanti a te”. “Perché vai in giro con le pecore? Anche tu sei un piccolo leone!”

“No, sono una pecora. Tremo, ho paura di te. Lasciami andare. Lasciami andare con le pecore!”

“Andiamo”, disse il leone, “Vieni con me. Ti mostrerò quello che sei prima di lasciarti andare”. Tremando e tuttavia inerme, il cucciolo di leone seguì il leone fino a una pozza d’acqua. Là il leone disse: “Guarda me e guarda te stesso. Non siano forse molto simili, non ci assomigliamo? Tu non sei come le pecore, tu sei come me”.

Attraverso l’intero processo spirituale quello che impariamo è disingannare questo falso ego. L’annichilazione di questo falso ego è la sua disillusione. Quando è disilluso allora il vero ego realizza il suo valore. È grazie a questa realizzazione che l’anima entra nel Regno di Dio. È grazie a questa realizzazione che l’anima nasce di nuovo, una nascita che apre le porte del cielo. 


DOMANDE E RISPOSTE

D. Il vero sé deve avere mente e corpo per essere consapevole di sé?

R. Il vero sé non ha bisogno di avere mente e corpo per la sua esistenza. Non dipende dalla mente e dal corpo per la sua esistenza, per la sua vita, proprio come gli occhi non dipendono dallo specchio per esistere. Dipendono solo dallo specchio per vedere il loro riflesso. Senza lo specchio gli occhi vedranno tutte le cose ma non vedranno mai se stessi. Un altro esempio è l’intelligenza. L’intelligenza non può conoscere se stessa finché non ha qualcosa di intelligibile da afferrare, allora l’intelligenza realizza se stessa. Una persona con un talento poetico che nasce poeta, non si rende mai conto di essere poeta finché non ha messo la sua idea sulla carta, e un suo verso non ha colpito una corda nel suo cuore. Quando è in grado di apprezzare una sua poesia, allora è il momento in cui pensa: “Sono un poeta”. Sino ad allora c’era un talento per la poesia in lui, ma non lo sapeva.

Gli occhi non diventano più potenti guardando nello specchio. È solo che, gli occhi sanno quello che sono quando vedono il loro riflesso. Il piacere sta nel realizzare i propri pregi, i propri talenti, quello che si possiede. Il merito sta nel realizzare questo. Senza dubbio sarebbe un grande peccato se gli occhi pensassero: “Siamo morti come questo specchio”, o se guardando nello specchio pensassero: “Non esistiamo se non nello specchio”. Perciò il falso sé è la limitazione più grande.


D. Il nostro Murshid non è il nostro specchio?

R. No. Il Murshid sta al posto del leone della storia. Ma la pozza d’acqua è necessaria.

D. Anche se l’anima si sente separata dai diversi corpi, non si sente una con Dio?

A. Neppure con Dio. Come potrebbe? Un’anima che è prigioniera in una falsa concezione, che non può vedere una barriera sollevata tra se stessa è il suo prossimo, come può quest’anima alzare la sua barriera a Dio che non ha ancora conosciuto? Perché dopo tutto la fede in Dio di ogni anima è una concezione, poiché è stata insegnata da un prete, perché è stata scritta in un testo sacro, perché i genitori hanno detto che c’è un Dio. Questo è tutto. Quest’anima sa che da qualche parte c’è un Dio, ma è sempre soggetta a cambiare la sua credenza, e disgraziatamente più avanza intellettualmente più si allontana da quella fede. Una fede che è pura intelligenza non può mantenersi sempre non andrà lontano con una persona. È con la comprensione di quella fede che lo scopo della vita è realizzato. Nel Gayan è detto: “Lo svelarsi dell’anima è scoprire Dio”.

D. Come il vero sé abbandona mente e corpo morendo?

R. Non è facile per il vero sé abbandonare mente e corpo, se una persona non riesce ad abbandonare nella vita i suoi pensieri di depressione, dolore e delusione. Le impressioni di felicità e di dolore del passato, le conserviamo nel nostro cuore: pregiudizio e odio, amore e devozione, tutto ciò che è penetrato in profondità in noi stessi. Se le cose stanno così, anche la morte non può eliminarle. Se l’ego mantiene la sua prigione intorno a sé, porta con sé questa prigione, e c’è solo un modo di liberarsene, ed è tramite la conoscenza di sé.

D. Una persona immediatamente dopo la morte si identifica con il suo corpo mentale o ancora con il suo cadavere morto?

R. Il corpo mentale è come il cadavere. Non c’è differenza, perché uno è costruito sul riflesso dell’altro. Ad esempio, in sogno non ci vediamo diversi quando la mente è in una condizione normale. Se la mente non è normale ci si può vedere come una mucca, o un cavallo, o qualcos’altro. Ma se la mente è normale non ci si può vedere diversi da quello che si conosce di sé. Quindi l’essere mentale è identico a come una persona vede se stessa nel sogno. Nel sogno non si vede la perdita del corpo fisico. Nel sogno si corre, si mangia, ci si diverte; non ci si rende conto dell’assenza di questo corpo fisico. La stessa cosa avviene nell’aldilà. l’aldilà non dipende da un corpo fisico per fare pienamente esperienza della vita. La sfera in sé è perfetta, e la vita è sperimentata perfettamente.

D. L’ego è completamente distrutto dall’annichilazione?

R. L’ego non è mai distrutto. È la sola cosa che vive, e questo è la prova della vita eterna. Nella conoscenza dell’ego c’è il segreto dell’immortalità. Quando nel Gayan si dice: “La morte muore, e la vita vive”, è l’ego che è vita, ed è la sua falsa concezione che è morte. Il falso un giorno svanirà; il vero sarà sempre. Lo stesso è con la vita: il vero essere vivente è l’ego, vive. Tutto il resto che è stato preso in prestito per essere usato dai diversi piani e sfere, tutto ciò viene eliminato. Non lo vediamo forse con il nostro corpo? Le cose che non gli appartengono non rimangono in esso, nel sangue, nelle vene, ovunque. Il corpo non le conserverà, le rifiuterà. Lo stesso accade in ogni sfera. Non prende ciò che non le appartiene. Tutto ciò che è fuori lo tiene fuori. Ciò che appartiene alla terra è mantenuto sulla terra, l’anima lo respinge. La distruzione dell’ego è una parola; non è distruggere è scoprire. 

Spesso la gente ha paura quando legge testi Buddisti, dove si interpreta il Nirvana come annichilazione. Nessuno vuole essere annientato, e le persone si spaventano molto quando leggono “annichilazione”. Ma è solo una questione di termini. La stessa parola in Sanscrito è una parola bellissima: mukti. I Sufi la chiamano fana. Se la traduciamo in inglese è annichilazione, ma se comprendiamo il suo vero significato è “andare attraverso”, o “passare attraverso”. Passare attraverso cosa? Passare attraverso la falsa concezione, che all’inizio è necessaria, e arrivare alla vera realizzazione.