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La lotta della vita (1) II parte

Neppure l’ardore e il coraggio sono sufficienti per affrontare la lotta della vita; c’è qualcos’altro che si deve studiare e comprendere. Si deve studiare la natura della vita, si deve comprendere la psicologia di questa lotta. Per comprendere questa lotta si deve vedere che ci sono tre aspetti: la lotta con se stessi, la lotta con gli altri, e la lotta con le circostanze.

Una persona potrebbe essere capace di lottare con se stessa, ma questo non è sufficiente. Un'altra è in grado di lottare con gli altri, ma anche questo non è sufficiente. Una terza persona potrebbe rispondere alle richieste delle circostanze, ma neppure questo basta; quello che occorre è che tutti e tre gli aspetti siano studiati e imparati, e si deve essere capaci di condurre la lotta in tutte e tre le direzioni.

E ora la domanda è: dove si dovrebbe cominciare e dove si dovrebbe finire? In genere si parte lottando con gli altri; e allora si lotta per tutta la vita, e non si finisce mai. Chi è un po’ più saggio lotta con le condizioni, e forse porta a termine le cose un po’ meglio. Ma chi lotta innanzitutto con se stesso è il più saggio, perché una volta che ha lottato con se stesso, che è la lotta più difficile, le altre lotte per lui diventano facili. Lottare con se stessi è come cantare senza accompagnamento. Lottare con gli altri è la definizione di guerra, lottare con se stessi è la definizione di pace.

All’inizio, esteriormente, potrebbe sembrare che sia crudele dover lottare con se stessi, specialmente quando si è nel giusto. Ma chi è penetrato più in profondità nella vita scoprirà che la lotta con se stessi alla fine è più vantaggiosa.

Qual è la natura della lotta con se stessi? Ha tre aspetti. Il primo è fare sì che il proprio pensiero, la propria parola e la propria azione rispondano alle richieste del proprio ideale, mentre nello stesso tempo danno espressione a tutti gli impulsi e a tutti i desideri che appartengono al proprio essere naturale.

L’aspetto successivo della lotta con se stessi è armonizzarsi con gli altri, con le loro diverse idee e richieste. Per questo l’uomo deve rendersi stretto o largo quanto lo spazio che gli si chiede di riempire, il che è una cosa delicata, difficile per tutti da comprendere e da mettere in pratica.

E il terzo aspetto della lotta con se stessi è dare spazio agli altri nella propria vita, nel proprio cuore, grande o piccolo quanto può essere la richiesta.

Anche quando consideriamo la questione della lotta con gli altri ci sono tre cose su cui riflettere, la prima delle quali è controllare e governare la gente e le attività che si trovano ad essere un nostro dovere, una nostra responsabilità.

Un altro aspetto è quanto permettere a noi stessi di essere usati dagli altri in varie situazioni nella vita; sapere in che misura si dovrebbe permettere agli altri di usare il nostro tempo, la nostra energia, il nostro lavoro, o la nostra pazienza, e dove tracciare un confine.

E il terzo aspetto è adattarsi ai principi e alle concezioni di personalità diverse che sono in differenti stadi di evoluzione.

Riguardo al terzo aspetto di questa lotta, ci sono condizioni che possono essere evitate, e ci sono condizioni che non possono essere evitate, davanti alle quali si è impotenti. E inoltre ci sono condizioni che dovrebbero essere evitate, e tuttavia non si trova in se stessi la capacità, la forza o i mezzi per cambiare la condizione. Se si studiano queste questioni della vita, e si medita affinché ispirazione e luce possano cadere su di esse, così da poter capire come lottare nella vita, sicuramente si troverà un aiuto e si arriverà allo stadio in cui si trova più facile la vita.

Il Sufi considera la lotta inevitabile, una lotta attraverso la quale deve passare. Vede dal suo punto di vista mistico che più presta attenzione alla lotta, più la lotta si espanderà; e meno lo fa, meglio sarà in grado di attraversarla. Quando guarda il mondo cosa vede? Vede tutti con le mani davanti agli occhi che guardano soltanto le proprie lotte, che sono grandi quanto il palmo delle loro mani.

Pensa: “ Mi siedo anch’io così, e guardo le mie lotte? Questo non risponderà alla domanda”. Il suo lavoro quindi è dedicarsi alla lotta degli altri, consolarli, rafforzarli, e dare loro una mano; e in questo modo la sua stessa lotta si dissolve e questo lo rende libero di andare avanti.

Come lotta un Sufi? Lotta con potere, con comprensione, con gli occhi aperti e con pazienza. Non guarda la perdita; quel che è perso è perso. Non pensa al dolore di ieri; ieri è passato per lui. Solo se un ricordo è piacevole lo tiene davanti a sé, perché lo aiuti nel suo cammino.

Accetta con un sorriso sia l’ammirazione che l’odio che provengono da chi gli sta attorno; crede che entrambe queste cose formino un ritmo dentro il ritmo di una certa musica; c’è l’uno e c’è il due, l’accento forte e l’accento debole. La lode non può esistere senza biasimo, né il biasimo senza lode. Tiene davanti a sé la torcia della saggezza, perché crede che il presente sia l’eco del passato, e che il futuro sarà il riflesso del presente. Non basta pensare solo al momento presente; si dovrebbe pensare anche da dove si viene e dove si va. Ogni pensiero che arriva nella sua mente, ogni impulso, ogni parola che dice, è per lui come un seme, un seme che cade in questo terreno della vita, e mette radici. E in questo modo scopre che nulla va mai perso; ogni buona azione, ogni piccolo atto di gentilezza, d’amore, fatto a qualcuno, un giorno crescerà come una pianta e darà frutti.

Il Sufi non considera la vita diversa dagli affari, ma vede come un vero affare può essere realizzato nel modo migliore. Il simbolo dei mistici della Cina era un ramo carico di frutti nella loro mano. Cosa significa? Significa che lo scopo della vita è arrivare allo stadio in cui ogni momento diventa fruttuoso. E cosa significa fruttuoso? Significa frutti per se stessi? No, gli alberi non producono frutti per se stessi, ma per gli altri. Il vero profitto non è il profitto che si produce per sé. Il vero profitto è quello che si produce per gli altri. Dopo aver realizzato tutto quello che si desidera realizzare, sia in terra che in cielo, qual è il risultato di tutto ciò? Il risultato è soltanto questo, che tutto ciò che si è realizzato, che si è acquisito, sia di terreno che di celeste, si possa mettere a disposizione degli altri. Propkar, che nel linguaggio dei Vedanta significa lavorare per il beneficio degli altri, è il solo frutto della vita.