SITO IN AGGIORNAMENTO

SITO IN AGGIORNAMENTO - Non tutte le sezioni sono disponibili per aggiornamento - nuovo sito web presto on line

STORIA JATAKA NO 5. LA FATA E LA LEPRE

C’era una volta una giovane lepre che viveva in una piccola foresta tra una montagna, un villaggio e un fiume. Bambini miei, molte lepri correvano in mezzo all’erica e al muschio, ma nessuna era dolce come lei.

Aveva tre amici, uno sciacallo, una donnola d’acqua e una scimmia.

Dopo la fatica di una lunga giornata alla ricerca di cibo, la sera si riunivano tutti e quattro, per parlare e riflettere insieme. La bella lepre parlava ai suoi tre compagni ed insegnava loro tante cose. Loro la ascoltavano ed imparavano ad amare tutte le creature dei boschi, ed erano molto felici.

“Amici miei,” disse un giorno la lepre, “domani non mangeremo, ma il cibo che troveremo durante il giorno lo daremo a qualsiasi creatura povera incontreremo sul cammino.”

Tutti accettarono. E il giorno dopo, come ogni giorno,all’alba uscirono alla ricerca di cibo.
Lo sciacallo trovò in una capanna del villaggio un pezzo di carne ed un orcio di latte cagliato con una corda legata ai due manici. Per tre volte urlò: “Di chi è questa carne? Di chi è questo latte cagliato?” Ma la capanna era vuota e non udendo alcuna risposta, mise il pezzo di carne in bocca e la corda dell’orcio intorno al collo e via, fuggì nella foresta. E mentre li metteva da parte pensò: “Che bravo sciacallo sono! Se nessuno passerà da questa strada, domani mangerò ciò che ho trovato”.

E cosa trovò la piccola donnola acquatica quando venne il suo turno?

Un pescatore aveva pescato alcuni pesci di un color oro scintillante, e dopo averli nascosti sotto la sabbia era tornato sulla riva per pescarne altri.

Ma la donnola trovò il nascondiglio e, dopo aver preso il pesce dalla sabbia, gridò tre volte: “Di chi sono questi pesci dorati?”

Ma il pescatore sentiva soltanto il mormorio del fiume e nessuno rispose alla sua domanda! Così portò il pesce nella sua casetta dentro la foresta, e pensò: “Che brava donnola sono! Questo pesce oggi non lo mangerò, ma forse un altro giorno sì”.

Nel frattempo l’amica scimmia si era arrampicata su per la montagna e dopo aver trovato alcuni manghi maturi, li portò giù nel bosco , li mise sotto un albero e pensò: “Che brava scimmia sono!”.

Intanto la lepre era sul prato nella foresta ed i suoi bellissimi occhi erano colmi di tristezza. “Cosa potrei offrire se una creatura bisognosa passasse di qua?” pensava. “Non posso offrire l’erba e non ho né riso né noci da dare.”

Ma all’improvviso fece un salto di gioia. “Se qualcuno percorrerà questa strada,” pensò “gli offrirò me stessa da mangiare”.

Ora, nella piccola bella foresta viveva una fata con ali di farfalla e lunghi capelli di raggi di luna. Si chiamava Sakka. Sapeva tutto ciò che accadeva nella foresta. Sapeva se una piccola formica aveva rubato ad un’altra formica. Conosceva i pensieri di tutte le piccole creature, persino dei poveri fiorellini calpestati nel prato. Sapeva anche che quel giorno i quattro amici nella foresta non avrebbero mangiato, e che il cibo trovato doveva essere donato ad una qualsiasi creatura bisognosa che avessero incontrato.

E così Sakka si trasformò in una vecchia curva mendicante , che camminava con un bastone.
Andò dapprima dallo sciacallo e disse: “Cammino da giorni e settimane e non ho avuto niente da mangiare. Non ho forza per cercare cibo! Ti prego, oh sciacallo, dammi qualcosa!”

“Prendi questo pezzo di carne e questo orcio di latte cagliato,” rispose lo sciacallo. “L’ho rubato da una capanna nel villaggio, ma è tutto ciò che posso darti.”
“Lo prenderò dopo,” disse la vecchia mendicante e proseguì in mezzo agli alberi ombrosi.
Poi Sakka incontrò la donnola acquatica e chiese: “Cos’hai da darmi, piccola?”
“Prendi questo pesce, oh mendicante e riposati un attimo sotto quest’albero,” rispose la donnola.
“Un’altra volta,” replicò la mendicante e proseguì in mezzo ai boschi.
Un po’ più in là Sakka incontrò la scimmia e le disse: “Dammi un po’ dei tuoi frutti, ti prego. Sono povera, affamata e stanca.”
Prendi tutti questi manghi,” rispose la scimmia. “Li ho raccolti tutti per te.”
“Un’altra volta,” replicò la mendicante e non si fermò.

Allora Sakka incontrò la lepre e disse: “Mite creatura dei boschi pieni di muschio, dimmi dove posso trovare del cibo? Mi sono persa nella foresta e sono lontana da casa.”
“Ti darò me stessa da mangiare,” rispose la lepre. “Raccogli della legna e accendi un fuoco; salterò nelle fiamme e così mangerai la carne di una piccola lepre.”

Con la magia Sakka fece sprigionare delle fiamme da alcuni ceppi di legno e, piena di gioia la lepre saltò nel fuoco ardente. Ma le fiamme erano fresche come l’acqua e non bruciavano la sua pelle.
“Perché,” chiese a Sakka, “non sento le fiamme? Le scintille sono fresche come la rugiada all’alba.” 
Sakka allora si trasformò di nuovo in fata e parlò alla lepre con la voce più dolce che lei avesse mai sentito.
“Carissima,” disse, “Io sono la fata Sakka. Questo fuoco non è reale, è solo una prova. La bontà del tuo cuore, o creatura benedetta, sarà conosciuta in tutto il mondo nei secoli a venire.”

Così dicendo, Sakka colpì la montagna con la sua bacchetta magica e con l’essenza che ne sgorgò disegnò l’immagine della lepre sul globo della luna.

Il giorno successivo, la lepre incontrò di nuovo i suoi amici, e tutte le creature dei boschi si raccolsero intorno a loro. La lepre raccontò tutto ciò che le era successo e insieme ne gioirono. E vissero tutti felici per sempre.