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STORIA JATAKA NO 11. I DUE PORCELLINI

“Tic-e-Tac, chi sta passando per la via?” pensavano due porcellini che si trovavano sul ciglio della strada di un villaggio. Era una vecchietta, curva come il salice che si piega verso il lago.

Tic-e-tac, crack, crack! scricchiolava il suo bastone mentre camminava, e quattro piccoli occhietti impauriti sbirciavano attraverso l’erba del prato.

“Chi siete, piccini?”, gridò la vecchietta,“La vostra mamma vi ha lasciato tutti soli? Entrate nella mia cesta; vi porterò nella mia casetta alle porte di Benares e sarò la vostra mamma.”

Prese i due porcellini e li mise nella sua cesta, piena del cotone che aveva raccolto nei campi. E poi proseguì, tic-e-tac, crack, crack, finché raggiunse la sua casetta, dove tolse dalla cesta i porcellini, se li mise sulle ginocchia, e rideva,sorrideva ed era felice per quanto poteva esserlo. Chiamò il più grande Mahatundila ed il più giovane Cullatundila.

I giorni e gli anni passavano e la vecchietta nutriva i due porcellini e li amava come figli.

Ma un giorno nel villaggio vicino ci fu un grande banchetto. Gli uomini del villaggio bevvero per tutto il giorno fino a diventare completamente ubriachi e, avendo mangiato tutta la carne che c’era nel villaggio, e non essendo ancora sazi, ne volevano ancora. Perciò si recarono dalla vecchietta e le dissero: “Madre, ecco del danaro; dacci in cambio i tuoi maiali.”
“No,” rispose lei, “Non ve li darò. Si barattano i propri figli per danaro?”
“Madre, non sono bambini, sono maiali,” dissero gli uomini. “Cosa te ne farai più avanti di loro? Dacceli ora, Madre, e tutte queste monete d’oro saranno tue.”
Ma la vecchietta scosse solo un po’ la sua testolina astuta.
Allora gli uomini la fecero bere e quando fu ubriaca ricominciarono a dirle: “Madre, prendi questi soldi e dacci i maiali.”
“Non posso darvi Mahatundila, ma prendete pure Cullatundila,” disse e mettendo sulla soglia di casa una piccola ciotola con un po’ di riso chiamò: “Cullatundila, Cullatundila!”.
Mahatundila, sentendo il richiamo pensò: “La mamma non ha mai chiamato Cullatundila per primo; ha sempre chiamato prima me. Quale pericolo ci minaccia oggi?”
Nel frattempo Cullatundila raggiunse la vecchietta, ma vedendo la ciotola sulla soglia e lì attorno tanti uomini con le funi in mano, tornò indietro e andò da Mahatundila con il cuore tremante di paura.
“Fratello,” disse Mahatundila, “perché stai tremando così?”
“La mamma ha messo la nostra ciotola sulla soglia di casa e ci sono degli uomini con le funi. Fratello, temo che siamo in pericolo.”

Gli occhi dolci di Mahatundila si posarono teneramente sul fratello e con voce tenue e soave disse: “La tua testa sta per cadere, fratello. Non piangere. Sai che è per questo giorno che siamo stati allevati e nutriti. Ahimé! E’ la nostra carne che gli uomini vogliono. Va’, Tundila; rispondi al richiamo della Mamma.”
Poi, commosso dalle lacrime negli occhi del fratello, pronunciò queste parole:
“Come in un giorno di festa lavati 
in una pozza d’acqua
troverai un profumo che non svanisce mai”

E mentre così parlava, tutto il mondo si trasformava. Per ascoltare, i piccoli fiori nel prato aprirono i loro cuori, gli alberi si curvarono, il vento divenne silenzioso, e gli uccelli smisero di volare. Gli uomini e la vecchietta di colpo non erano più ubriachi e le funi caddero dalle loro mani. La dolce voce penetrò nella città di Benares e migliaia di cittadini, ricchi e poveri, poterono udirla. Tutti si commossero fino alle lacrime e con lo stesso stato d’animo andarono correndo verso quella voce finchè raggiunta la casetta, abbatterono il recinto e si affollarono tutt’intorno ad essa.

Ma Cullatundila era perplesso. “Perché mio fratello dice queste parole? Non abbiamo mai fatto il bagno in una pozza d’acqua, né abbiamo mai trovato un profumo”
“Dimmi, fratello,” gli chiese, “cos’è la pozza d’acqua e cos’è il profumo che non svanisce mai?”
Mahatundila rispose, e la grande folla rimase in silenzio mentre parlava: “La pozza d’acqua è l’amore, e l’amore è il profumo che non svanisce mai. Non essere triste, fratello, non esser triste di dover lasciare questo mondo. Molti rimangono e sono infelici; molti lo lasciano e la gioia gli appartiene.”

La dolce voce raggiunse anche la cupola di marmo del Palazzo del Re di Benares, che si commosse sino alle lacrime.

Quanto alla folla, migliaia di cittadini salutavano con le mani, gridando di gioia. Poi condussero Mahatundila e Cullatundila al palazzo, dove il Re dispose che i fratelli fossero lavati coi profumi più delicati e vestiti con indumenti di seta. Gli furono dati gioielli con cui adornarsi e da allora , per tutto il tempo in cui visse il Re, dimorarono con lui nel palazzo e tutte le dispute furono sottoposte a Mahatundila, il benedetto, e da lui risolte.
Alla fine, nel pieno dei suoi anni, il Re morì e Mahatundila e il fratello lasciarono la città per andare a vivere nella foresta, con gran dispiacere degli abitanti di Benares, che piansero a lungo la loro partenza.

Ma il regno di giustizia non ebbe fine nel paese. La gente continuò a vivere insieme amichevolmente e tutti vissero felici per sempre.