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STORIA JATAKA NO 10. LA PROVA DEL MAESTRO

“ Miei cari sono ormai povero e stanco”, disse un giorno un maestro ai suoi discepoli, “ma voi siete giovani, e io vi dono ogni giorno degli insegnamenti: quindi è vostro dovere trovare i soldi necessari al vostro anziano maestro per vivere”.

“Come possiamo farlo?” chiesero i discepoli. “La gente di questa città è così poco generosa che sarebbe inutile chiedere il loro aiuto.”

“Figli miei,” rispose il maestro, un modo per ottenere il denaro senza chiederlo c’è ed è prenderselo. E per noi non sarebbe affatto un peccato rubare, perché meritiamo i soldi più di altri. Ma ahimè! Sono troppo vecchio e stanco per farlo.”

“Noi siamo giovani” risposero i discepoli; “possiamo farlo. Non c’è niente che non faremmo per te, caro maestro. Dicci solo come fare e noi obbediremo.”
“Siete giovani,” disse il maestro; “non dovrebbe essere difficile per voi rubare il portafoglio di un uomo ricco. Fate così: scegliete un posto tranquillo dove nessuno vi veda, poi catturate un passante e prendetegli i soldi, ma senza fargli alcun male.”
“Andiamo immediatamente,” dissero i discepoli, tutti tranne uno, che era rimasto in silenzio, gli occhi rivolti in basso.

Il maestro guardando dritto in faccia il giovane gli disse: “Gli altri discepoli sono coraggiosi e desiderosi di aiutarmi, mentre vedo che a te non interessa affatto la sofferenza del tuo maestro.”
“Perdonami, maestro,” rispose, “ ma il piano che ci hai suggerito mi sembra impossibile da realizzare; questa è la ragione del mio silenzio.”
“Perché è impossibile?” chiese il maestro. 
“Perché non esiste un posto in cui nessuno possa vederci,” rispose il discepolo; “ Anche quando sono completamente solo, il mio sé interiore mi sta vedendo. Preferirei prendere una ciotola e chiedere l’ elemosina, piuttosto che accettare che il mio sé mi veda rubare.”

A queste parole il volto del maestro si illuminò di gioia. Prese il giovane discepolo tra le braccia e lo strinse a sé.

“Sono felice” disse, “che tra i miei discepoli almeno uno ha compreso le mie parole.”
Gli altri allievi, rendendosi conto che il loro maestro aveva voluto soltanto metterli alla prova, chinarono il capo per la vergogna.

Da quel giorno, ogni volta che un pensiero indegno si affacciava alla loro mente, ricordavano le parole del loro compagno: “Il mio sé mi sta vedendo”.

E così divennero uomini grandi dal nobile cuore, e da allora vissero felici per sempre.