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La differenza tra volontà, desiderio e voglia.

da "Insegnamenti Sufi" vol. VIII (Sufi Teachings)

La volontà è lo sviluppo del desiderio. Quando affermiamo che qualcosa accade secondo la volontà divina, significa che era un comando; un desiderio che si trasforma in azione. Quando il desiderio si trasforma in azione diventa volontà, diventa comando. Si potrebbe pensare che è solo il proprio desiderio, in realtà è un desiderio fino a quando è fermo; sebbene sia lì non è ancora spuntato , è inattivo proprio come il seme nella terra. Ma nel momento in cui il seme esce dalla terra come pianticella e sta per diventare una pianta, allora è una volontà. Quindi desiderio e volontà sono due nomi diversi per la stessa cosa, nel suo stato non sviluppato e nel processo del suo sviluppo. 

La voglia è un uno stadio più debole o più primitivo del desiderio. Quando un’idea o un pensiero che ci piacerebbe una certa cosa non è ancora diventato chiaro nella nostra mente, quando la nostra mente non ha ancora preso una decisione, allora è una voglia, una fantasia. Quando è un po’ più sviluppata allora è un desiderio; allora rimane lì e non viene disperso come le nuvole. E’ tangibile, è lì e tuttavia non è realizzato, perché per realizzarsi deve svilupparsi. 

Ci sono persone in questo mondo che dicono che per tutta la vita hanno avuto sfortuna; che i loro desideri non si sono mai realizzati. Inoltre, molto spesso immaginano che uno spirito antagonista li stia ostacolando, o che Dio sia contro di loro, o le stelle, o che qualcos’altro abbia impedito al loro desiderio di realizzarsi. Ma in genere non è così. In primo luogo Dio desidera le stesse cose che noi desideriamo; se Dio avesse avuto desideri diversi dai nostri non avremmo potuto venerare un Dio che è sempre stato contro di noi. Inoltre non c’è alcun beneficio nell’opporsi al desiderio dell’uomo, e non c’è alcun vantaggio nell’opporsi al desiderio di Dio. E’ vero che possono esserci condizioni planetarie o cosmiche che contrastano un desiderio; come si dice: “ l’uomo propone e Dio dispone”. A Dio allora viene attribuito il ruolo delle forze cosmiche, ma in realtà Dio, con la Sua misericordia e compassione, non desidera mai opporsi al desiderio di qualcuno. E oltre a Dio, anche un uomo di animo gentile non vorrebbe mai opporsi al desiderio di qualcuno; vorrebbe fare tutto il possibile per contribuire a realizzare il desiderio di una persona. 

Quello che di solito accade è che l’uomo dimostra di essere il peggior nemico del suo desiderio, per molte ragioni; e una ragione è che non è mai sicuro di quello che desidera: tra cento persone forse ne troveremo una che sa davvero cosa vuole, mentre novantanove non sono sicure. Un giorno pensano di desiderare qualcosa e il giorno dopo no, e così il desiderio si disintegra nella confusione della mente. 

C’è un altro tipo di persone: quelle che hanno assunto un atteggiamento passivo. Queste persone dicono che desiderare è un peccato; e tuttavia non possono essere senza un desiderio. In questo atteggiamento passivo decidono di non desiderare, contrastano qualunque desiderio ci sia stato. E c’è un quarto tipo: quelli che desiderano qualcosa ma a causa della mancanza di concentrazione non riescono a trasformare la loro voglia in desiderio, e quindi i loro desideri rimangono sempre al loro stadio primitivo. Infine c’è il quinto tipo di persona che trasforma la voglia in desiderio; arriva fin qui e non oltre. E così la voglia non viene portata a compimento , per così dire, e non raggiunge mai il suo culmine, cosa che accade soltanto quando il desiderio diventa volontà. 

Questa questione è di enorme importanza nella vita di tutti. Nessuna persona può vivere nel mondo senza desiderare qualcosa. E se c’è qualcuno che non ha desideri, non dovrebbe rimanere nel mondo, dovrebbe evitare la folla dal momento che non può viverci; dovrebbe andare sulle montagne, in qualche luogo lontano dal mondo; e anche là dovrebbe trasformarsi in un albero o in una roccia per esistere, perché essere un essere vivente senza un desiderio non è possibile. 

Nel Gayan c’è un detto che non tutti sono in grado di comprendere: “reprimere un desiderio è sopprimere un impulso divino”. Quelli che distinguono tra divino e non divino fanno certamente un grandissimo errore perché o tutto è divino o niente lo è. L’unica differenza è la stessa che c’è tra la macchina e l’ingegnere. La mente di Dio lavora e contemporaneamente lo strumento, la macchina di Dio, lavora; quindi quello che si presenta come un desiderio ha Dio come sua origine ed è perciò un impulso divino. La persona pia nella sua ignoranza ha una falsa concezione di questa idea e fa di Dio un prigioniero nel cielo. 

Un altro detto nel Gayan è: “ tutto ciò che produce un forte desiderio nel cuore lo priva della sua libertà”. La verità è che quando c’è un desiderio ardente si è legati da una catena, una catena più forte del ferro. Desiderare è essere legati; questo non è un principio morale ma un’asserzione filosofica. D’altro canto, non si può vivere senza desiderare; si potrebbe benissimo essere una roccia. Indubbiamente se si fosse liberi da desideri, si potrebbe avere la stessa libertà di una roccia; ma anche la roccia sta aspettando il giorno in cui sentirà un desiderio. Il desiderio di realizzazione arriverà con lo sviluppo della forma umana. 

La differenza tra le persone è conforme ai desideri che hanno. Uno desidera la terra, l’altro desidera il cielo. Il desiderio di un uomo lo porta al culmine del progresso spirituale, e il desiderio di un altro lo porta nelle profondità della terra. L’uomo è grande o piccolo, saggio o sciocco, sulla strada giusta o sbagliata, in base al desiderio che ha. 

Secondo i Sufi c’è Qaza, la volontà universale, il potere universale; e Qadr, il potere individuale. Sicuramente il potere individuale rispetto al potere universale è come una goccia rispetto al mare. Essa non può resistere contro le impetuose onde del mare che arrivano e la annientano. Tuttavia anche la goccia, provenendo dalla medesima fonte come il mare, ha una certa forza, e la volontà individuale di resistere contro forze opposte. Se vogliamo rendere più chiaro questo tema della volontà individuale e della volontà universale, possiamo farlo con le piccole cose. Una persona che cammina per strada e dice: “ Ho fame, vorrei andare in un ristorante e mangiare”, mostra una volontà individuale. Un’altra persona che va per strada e vede un povero dice: “ Quest’uomo sembra povero, non posso fare qualcosa per lui? Voglio vederlo più felice”, e non appena pensa al bene di un’altra persona la sua volontà diventa subito una volontà universale. La ragione è che il confine che limita la volontà di un individuo è il pensiero di sé; non appena si è dimenticato il pensiero di sé, non appena si pensa ad un altro, quel confine si spezza e la volontà diventa più forte. Da dove hanno acquisito la loro volontà i maestri dell’umanità, coloro che sono stati in grado di fare grandi cose nel mondo? Dalla loro volontà che era stata estesa dall’abbattimento dei confini del pensiero di sé. Questo non significa che si debba abbandonare interamente il pensiero di sé, che non si debba mai pensare a se stessi, né al proprio pranzo né alla cena. Il sé è lì, lo si deve tenere in considerazione. Ma nello stesso tempo, per espandere, per far crescere la volontà, più si dimentica se stessi più si è aiutati. 

Ci sono alcuni che imboccano il sentiero della rassegnazione, non facendo niente di buono né per sé né per gli altri. Assumono l’atteggiamento per cui il bene verrà da qualche parte o che qualcuno lo farà, per cui se sono affamati o bisognosi arriverà qualcuno e li nutrirà o li aiuterà. Il loro desiderio è inattivo, non permettono che il loro desiderio diventi volontà, rimangono dove sono, sono passivi. Non c’è dubbio che una passività e una rassegnazione intelligenti possono anche determinare un ottimo risultato. Ma molte tra queste persone le mettono in pratica intellettualmente. La qualità dei santi è essere rassegnati a tutto ciò che viene, ma allora non formulano neppure un desiderio. Accettano tutto ciò che viene, fiori e spine; tutto ciò che arriva lo accettano. Vedono le spine, e le considerano fiori. Sono contenti sia di un elogio che di una critica, sia dell’ascesa che della caduta; accettano la vita com’è. Questo è un modo intelligente di farlo; quello non intelligente è affermare che tutto è difficile, e che arriverà qualcun altro e lo farà. Questo non è altro che una specie di pigrizia, non passività. 

In India si racconta la storia di un uomo che stava sdraiato sotto un albero di ciliegie, e alcune ciliegie mature caddero vicino a lui. Ma lui non si mosse. Quando vide un uomo che stava arrivando da lontano, gridò: “ Per favore, vieni qui, vuoi mettermi questa ciliegia in bocca? “. Si trovano molte persone come questa, che si arrendono, che non hanno alcun entusiasmo, alcun coraggio. In tal modo la loro forza di volontà viene spezzata, e alla fine sono inermi. Non c’è confronto tra lo spirito di un santo e lo spirito di una persona inerme, sebbene entrambi diventino rassegnati. Ma il secondo non è rassegnato; vuole la ciliegia in bocca, ma solo se un altro gliela da. Al santo non importa se la mangia o no, per lui è proprio la stessa cosa. 

Poi ci sono altri che sono troppo ansiosi che il loro desiderio si avveri. Questo distrugge il loro desiderio perché mettono una tensione troppo grande sul loro desiderio. E’ proprio come proteggere una pianta dal sole e dalla pioggia. Se la proteggiamo proprio dalle cose che dovrebbero aiutarla a crescere, allora la pianta non può fiorire ed è lo stesso con il desiderio. Se si è troppo impazienti nei confronti del proprio desiderio, e nel medesimo tempo sempre timorosi che forse non si avvererà, allora si sta pensando con dubbio, paura e sospetto, e in questo modo si distruggerà il proprio desiderio. 

E ancora, c’è una persona che è disposta a sacrificare tutto o a perseverare quanto serve anche per un piccolo desiderio, a cui in realtà non attribuisce molta importanza. Tuttavia gli dedica ogni pensiero e fa tutto quanto è in suo potere per far sì che quel desiderio si avveri. Questa persona percorre lo stesso sentiero del Maestro. Avrà successo, ed è il successo che porta ulteriore successo. Se una persona ha successo, questo successo attira altro successo; ma se una persona fallisce allora questo fallimento attira ulteriore fallimento. Lo stesso accade quando si è sul sentiero della realizzazione; ogni realizzazione da un potere più grande per andare avanti, e quando si è su una strada in discesa allora ogni passo porta in basso. 

Sorge poi la questione: a quale voglia e desiderio si dovrebbe rinunciare e quale si dovrebbe alimentare? Si deve avere discriminazione; se non c’è discriminazione poi si imboccherà il sentiero sbagliato. Potrebbe portare al successo ma sarà un tipo di successo sbagliato. Se si nutre ogni voglia e desiderio, e se si crede che tutti debbano essere realizzati, questo potrebbe rivelarsi a volte giusto e a volte no. Si dovrebbe sviluppare innanzitutto il senso di discriminazione per comprendere cosa ci porta a una felicità permanente, a una pace più grande e ad un risultato più alto. Ma quando una persona ha discriminazione e ha scelto un desiderio, poi non dovrebbe analizzarlo troppo. Molte persone si sono abituate ad analizzare ogni cosa per tutto il giorno. Se una persona conserva un desiderio per dieci anni e lo analizza ogni giorno nella sua mente, agisce contro di esso; lo considera ogni momento da un nuovo punto di vista e cerca di scoprire cosa c’ è di sbagliato nel suo desiderio, e così alla fine lo distrugge in ogni modo possibile. In dieci anni il suo desiderio, che avrebbe dovuto avverarsi, andrà in frantumi. Ci sono molti intellettuali, persone che dubitano, persone con menti analitiche, che sono i più grandi nemici dei loro desideri. 

Alcuni pensano che sia un errore per una persona esprimere il suo desiderio nella preghiera dal momento che Dio sa tutto. Perché si dovrebbe raccontare a Dio che qualcosa dovrebbe accadere? Dio conosce il segreto di ogni cuore. Inoltre, non è egoista portare davanti a Dio il nostro desiderio? Se è un desiderio buono deve realizzarsi da sé! La risposta è che la preghiera è un promemoria a Dio, la preghiera è un canto dinnanzi a Dio, che lo apprezza, che lo sente, che si ricorda di qualcosa. Ma come può la nostra preghiera, la nostra voce insignificante, arrivare fino a Dio? Arriva a Dio tramite le nostre orecchie. Dio è dentro di noi. Se la nostra anima può udire la nostra voce anche Dio può udirla. La preghiera è il modo migliore perché il desiderio viene espresso in una bella forma che si armonizza con Dio e che crea una relazione più intima tra Dio e l’uomo. 

Inoltre, non si può mai pensare troppo spesso o troppo al desiderio che si ha. Si dovrebbe sognarlo, immaginarlo, pensarlo, tenerlo continuamente nella mente, e fare tutto il possibile per la sua realizzazione; ma lo si dovrebbe fare con compostezza, con tranquillità, con pazienza, con fiducia, con calma, e non pensandoci intensamente. Chi pensa insistentemente al suo desiderio lo distrugge; è proprio come surriscaldare qualcosa o dare troppa acqua a una pianta. Viene distrutto proprio dalla cosa che dovrebbe aiutarlo. Se una persona sta in ansia per il suo desiderio, di sicuro o non ha pazienza o ha paura o ha qualche dubbio; tutte queste cose distruggono il desiderio. Un desiderio deve essere serbato nell’animo tranquillamente, con serenità, con speranza, con fiducia e con pazienza. Il dubbio per il desiderio è come la ruggine; lo corrode; e la paura è ancora peggio; lo distrugge. E quando una persona non ha discriminazione, non è sicura se si tratti di un desiderio giusto o sbagliato, se deve diventare realtà o no, un giorno dirà: “Vorrei tanto che si avverasse” , e un altro giorno: “ Non mi interessa se si avvera o no”; dopo una settimana dice: “ Voglio che accada adesso ”, e dopo un mese: “ Non mi interessa più”. E’ proprio come accendere un fuoco e poi spegnerlo; ogni volta che si spegne il fuoco non c’è più, e si dovrà riaccenderlo. 

La questione se un desiderio sia desiderabile o no dipende dal nostro stadio di evoluzione. Una persona la cui evoluzione è tale da non desiderare altro che quello di cui ha bisogno per la sua vita quotidiana, non deve pensare che dovrebbe desiderare qualcosa di più elevato. Se il suo cuore è incline a questo tipo di desideri non se ne dovrebbe preoccupare. Ma se sente nel suo cuore: “ No, in realtà non posso desiderare questo, posso pensare a qualcosa di molto più alto”, allora deve accettare le conseguenze. E le conseguenze saranno che dovrà passare attraverso prove e tribolazioni; e se questo non le importa, tanto meglio. 

Ci sono molte cose in questo mondo che vogliamo e di cui abbiamo bisogno, tuttavia non pensiamo necessariamente ad esse. Se arrivano va bene, e se non arrivano possiamo sentirci inquieti per un po’ di tempo, ma questa sensazione passa. Non possiamo dedicare loro la nostra mente e i nostri pensieri se siamo evoluti e pensiamo a qualcosa di più grande ed elevato di quello di cui abbiamo bisogno nella vita quotidiana e che sfugge alla nostra presa. Questa è la ragione per cui i grandi poeti, pensatori, e i santi molto spesso erano privi delle cose della vita quotidiana. Col potere che avevano, avrebbero potuto comandare a tutto, anche all’oro di venire in casa loro, o a un esercito di andare o venire, dovevano soltanto dare un ordine. Tuttavia non potevano dedicare a questo la loro mente, potevano soltanto desiderare qualcosa che fosse conforme alla loro particolare evoluzione. Quindi ogni persona può desiderare soltanto qualcosa che sia pari alla sua evoluzione; giustamente non potrebbe desiderare qualcosa che sia al di sotto della sua evoluzione, anche se gli venisse detto di farlo. 

Molto spesso per aiutare una persona in una certa situazione le ho detto: “ Ora concentrati su questo particolare obiettivo ”; ma essendo più evoluta, pensava col suo cervello; il suo cuore era da qualche altra parte e così non si è avverato. Si può dare il proprio cuore e la propria mente e tutto il proprio essere a qualcosa che sia equivalente alla propria evoluzione, ma se non è equivalente non si può dargli tutto il proprio essere, forse soltanto i propri pensieri. Cos’è il pensiero? Il pensiero senza sentimento non ha alcun potere; se dietro ad esso non ci sono anima e spirito, non c’è nessun potere. Si deve comprendere che il nostro desiderio più alto dovrebbe essere oltre quello che ci serve nella vita quotidiana. Non dovremmo mai confonderlo, ma pensare sempre a quello che ci serve nella quotidianità come a qualcosa di pratico, anche se in realtà è un nostro desiderio, allora va tutto bene. Ma dovremmo avere gran cura e conservare il nostro desiderio più alto come qualcosa di sacro, qualcosa che Dio ci ha affidato perché ne avessimo cura, per portarlo a compimento. Perché nella realizzazione del nostro più alto, migliore e più profondo desiderio si trova lo scopo della vita.